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L’antipatia, la box e le monache




Tre domande e tre risposte di grande saggezza e di tanto equilibrio. L’antipatia è istintiva, diventa virtù in chi la sa dominare; la box è uno sport utile, diventa problematico quando giunge a privare l’altro della coscienza; le monache non sono suore. Rina Serra, entrata tra le monache cappuccine di Torino, è stata il sostegno spirituale di p. Mariano, la chiamava la sua “turbina elettrica” perché a lei e alle monache del Monastero di Via Card. Maurizio ricorreva sempre per avere l’aiuto della preghiera nel suo apostolato. Rina Serra, nata a Bra (Cuneo) il 27 aprile 1915, fu battezzata con il nome di Caterina (Rina). Entrata nel Monastero delle Monache Clarisse Cappuccine di Torino il 17 settembre 1936, vestì l’abito religioso il 14 aprile 1937. Emise la professione temporanea dei voti il 25 aprile 1938 e quella perpetua il 29 aprile 1941. E’morta il 17 agosto 2003.
R. C.

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1. L'antipatia è peccato?

« E' peccato sentire antipatia per qualcuno? (O. R. - Treviso).

Simpatia e antipatia spontanee sono fenomeni irrazionali, naturali, non ancora sufficientemente spiegati da fisiologi o psicologi. Spesso sentiamo antipatia per una persona senza conoscerla o al primo incontro (si dice comunemente che la prima impressione è quella buona, ma ciò è vero fino a un certo punto). Comunque, come fenomeno naturale, irrazionale, sentire antipatia non può essere peccato; peccato è semmai acconsentire a tale antipatia covando sentimenti poco benevoli verso chi c’è antipatico. Il resistere e l'essere superiore alle antipatie non è di tutti, ma è frutto di grande virtù ed è sorgente di grande pace per l'anima. (Radiocorriere-TV, n. 12, 1965).


Thèodore Gèricault, "Alienata con monomania dell'invidia"



2. La boxe è lecita?

“Come giudicare la boxe? E’ lecita o illecita?”. (R.G. Teramo).

La boxe, limitata ad esercizio di palestra è una buona ginnastica per sviluppare i muscoli del corpo, il gioco dei riflessi, lo spirito di difesa e d'iniziativa personale. E’ anche moralmente positiva perché, impegnativa com'è, esige una vita moralmente sana. Vedere o direttamente o per TV due pugili che, con misura, giocano al pugilato, non è spettacolo spiacevole, né illecito. Altro è il discorso per la boxe professionale, nella quale si “deve” vincere e spesso a tutti i costi! Essa oscilla paurosamente tra il lecito e l'illecito. A prescindere dall'esito del combattimento -talvolta mortale, spesso deleterio e per chi soccombe e per chi vince - non credo che sia lecito - non già per la salute del paziente, ma per solo motivo di lucro - sospendere col K.O. l'uso delle facoltà mentali dell’avversario. Anche se sia per brevissimi momenti, è questa un'offesa grave alla dignità della persona umana, della quale tanto oggi si parla, ma per la difesa della quale poco si fa. (Radiocorriere-TV, n. 12, 1965).






3. Una funzione invisibile, ma preziosa

“Lei, Padre, ha parlato alla TV di Rina Serra, campionessa degli 800 metri piani che, un bel giorno, si è fatta monaca di clausura. Benché ci siano già troppe suore in giro per il mondo, riconosco, però, che, almeno quelle sono utili alla società e lavorano. Non avrebbe quindi fatto meglio la Serra, invece di farsi monaca, ad andare come suora ad assistere vecchi o malati o bambini o carcerati, qui o nelle Missioni? Che fanno le “ sepolte vive"? A che servono le monache di clausura, che non lavorano, in un mondo dinamico come il nostro?”. (G. C. - Rieti)

Una decisione come quella presa dalla Serra è di natura cosi intima e personale che mi pare per lo meno irriguardoso il discuterla. Che poi la campionessa abbia azzeccato giusto, ossia, tanto per usare termini religiosi, che abbia compiuto davvero la volontà di Dio, lo dimostra il fatto della sua perseveranza - sono ormai 30 anni! - e della sua costante francescana letizia. La mia risposta potrebbe quindi avere termine qui. Desidero invece chiarire alcune idee, evidentemente errate, del richiedente, usando la sua stessa terminologia: suore le religiose di vita attiva e monache quella di vita contemplativa. Lei dice: troppe suore in giro per il mondo! Io sono certo che lei, né sa quante sono, né quante dovrebbero essere: quindi non può dire che siano troppe. Sopra più di un miliardo e mezzo di donne, solo un milione sono suore: attendono cioè, in giro per il mondo, oltre che alla preghiera, prevalentemente ad opere buone (negli ospedali, nei brefotrofi, negli ambulatori, negli ospizi, nei rifugi, nelle scuole, nelle carceri, ecc.). Le monache invece - che vivono più ritirate come in fondo pare che voglia lei stesso, “in clausura” e qui e nelle missioni, dedicate prevalentemente alla preghiera, sono appena da 60 a 70 mila. Pochine, no? E non danno fastidio a nessuno, sparse come sono su tutta la terra e nascoste, di loro libera volontà, all'occhio del mondo. Nella sola Italia c'è forse un numero uguale di reclusi - contro voglia! - che invece danno o hanno dato molto fastidio alla convivenza sociale. Ma almeno - lei replicherebbe! - i reclusi lavorano. Non tutti, né sempre. Le monache tutte, sempre e assai di più. Con le cresciute difficoltà della vita, tutte le monache devono lavorare, se vogliono mangiare: non bastano a sostentarle la modesta dote che qualcuna ha portato con sé, né le offerte che, di quando in quando, pervengono alla ruota del monastero. Lavorano nell'orto, in cucina, nel giardino; stirano, cuciono, rammendano, ricamano, dipingono, scrivono: lavorano tutte. Ma tutte, cosa che non sempre fanno altre donne, pregano, di giorno e di notte, anche per chi non prega mai. Ha mai sentito, nel cuore della notte, la campanella di qualche romito monastero di clarisse, di trappiste, di certosine? Quelle, che noi chiamiamo “sepolte vive”, vivono, anche di notte, una vita di ricca spiritualità, di gioia, di pace. Adorano, ringraziano, riparano, chiedono anche per noi che, troppo spesso, dimentichi di essere, per natura, mendicanti di Dio, diventiamo, con nostra somma vergogna, mendicanti degli uomini. Esse compiono, nel grande organismo dell'umanità, una funzione invisibile, ma preziosissima. A noi fa comodo l'uso dei vaccini, dei sulfamidici, degli antibiotici: li avremmo noi, se altri uomini non si sacrificassero in oscure, faticose e, spesso, poco retribuite, ricerche di laboratorio? Analogamente le monache di clausura operano, in silenzio, per noi, per il grande organismo dell’umanità, come fanno per l'organismo umano alcune piccolissime ghiandole a secrezione interna, nascoste all'occhio, ma dalle quali dipende l'equilibrio dell'organismo stesso; sono come lampade che, per noi ardendo e consumandosi, danno a noi luce e calore spirituale. Sono pochissime, ma preziosissime, perché per esse, come per una goccia di liquore fortemente colorante, tutta la massa d'acqua dell'umanità trascolora. Forse il Signore ha pazienza con l'umanità, la vede più bella e migliore che non sia, proprio per quella preziosa goccia di liquore. Ed è così che anche le “sepolte vive” servono ad un mondo dinamico come il nostro. (Radiocorriere-TV, n.28, 1965)