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Universalità del sapere




Paolo Roasenda su “Gioventù Italica” torna ripetutamente sul tema della cultura professionale,umana e cristiana. Insisteva anche nell’indicare agli studenti e agli studiosi cristiani “l’universalità fondamentale del sapere”, che si può trovare unicamente nella teologia cristiana. Nelle pagine di questa rivista mensile torna ripetutamente sul filo che lega tutte le materie di studio nella scuola e nell’attività culturale del cristiano. Non può esserci contrasto tra fede e ragione, ma armonia poiché “la fede presuppone la ragione”
R. C.

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Tutti convinti come l’educazione cristiana tenda a Dio,usando contemporaneamente e perciò concordemente tutti i mezzi concessi, naturali e soprannaturali. Tra i primi eccelle e delicatissimo strumento è lo studio.



San Girolamo scrivente - Caravaggio.

Dio non ha bisogno di studiare, avendo tutto e sapendo tutto. L’uomo è quasi nulla, ha quasi nulla e sovente neppure questo sa. O se volete, l’uomo ha molto a disposizione ma spesso non lo sa o non vuol saperne di possederlo. Povero per natura, l’uomo cerca di avere quel che non ha ancora o di avere coscienza di qualcosa che ignorata, già possiede. Ecco lo studio. Chi vi si applica fa unicamente atto di umiltà, la quale è ben più interiore nelle pieghe dell’animo, che non la stessa curiosità, madre, si dice, del sapere. Come non riconoscere che è, se mai, umiltà madre di curiosità? Umiltà che affiorando e divenendo esplicita nella coscienza del vero studioso, non lo abbandonerà più e sarà genitrice di verità, in quanto umiltà è il vero riconoscimento di quel che siamo:quasi nulla. Chi cerca confessa di non avere e di non sapere: chi più cerca confessa di saperne meno ancora. Quanto più avanza, lo scienziato trova nuovi enigmi, complesso quel che pareva semplice, unito quel che sembrava slegato. Lo storico che più ricerca di capire gli avvenimenti, tanto più li trova interessanti di nuove, inesplicabili miserie o grandezze. Ricercare vuol dire ammettere realtà superiori a noi. Ricercarle e amarle. Studium = amore. Sapere, dal latino sapio = gustare. Si gusta una verità e la si ama. Studiare senza amore è un non senso. Chi saprebbe dirci se è prima il ricercare o l’amare, se la ricerca è già di per se stessa mossa da un amore di sapere? Quant’è vero che l’anima è unità! E non crediamo che studi solo chi ha libri. In forme semplici, l’operaio che andando in officina legge il suo foglio e lo legge quotidianamente, il contadino che legge il tempo dell’indomani nella nuvoletta apparsa al noto cocuzzolo del monte, il mendico che contempla il sole al tramonto, tutti leggono, studiano, perché tutti desiderano conoscere, sapere, conquistare.

 



Renoir
      

Renoir


Cristiano, l’abbiamo compreso, è uomo + qualcosa. Lo studio è per lui quello che è per tutti gli altri, più qualcosa. A lui non può bastare lo studio come luce che dirada le tenebre né il sapere per ottenere la “posizione” in società. Per lui lo studio ha fine religioso, come tutti gli atti della sua giornata terrena. Ecco il “qualcosa” in più che per altro investe e trasforma tutto il mondo. Lo studio porta a Dio.

 





Leggiamo in San Giovanni che Gesù Cristo è la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Il che,se è vero soprannaturalmente, in quanto la luce della grazia l’abbiamo solo per mezzo di Gesù, è pur vero nell’ordine naturale, poiché Gesù è il Verbo di Dio “ per quem omnia facta sunt”. Omnia , quindi anche luce dell’intelligenza. Il cristiano non solo non abdica alla sua mente, ma l’ama tanto più quale dono sovrano, nell’ordine naturale, del Verbo creatore. Come cosa di Gesù Cristo, la nostra ragione non cessa un istante dall’essere unita a Lui. Non un raggio di pensiero che non abbia la sua radice intima nel Sole di Verità: Gesù Cristo. Il pensare è affermazione di Cristo (Fornari). Ecco un motivo decisivo per sentire religioso lo studio: quando io faccio esercizio di attenzione, riflessione, volontà, fantasia, memoria, raziocinio, quando in una parola studio, uso una facoltà elargitami da Dio per mezzo del Verbo suo. Avvezziamoci a considerarle così le nostre ore di studio: non separiamo troppo- basta distinguere- l’ora di algebra da quella di religione. Nell’una apprendo nozioni di ordine naturale, nell’altra di ordine soprannaturale:tanto nell’una quanto nell’altra uso uno strumento prezioso, la mente, dono del Verbo di Dio. Anche la fede presuppone la ragione: le stesse verità della fede non si apprendono senza l’aiuto della grazia sì, ma anche della nostra mente; senza un intervento, sia pur minimo, di cognizioni naturali, poiché non apprendiamo se non per mezzo dei sensi “ciò che fa poscia d’intelletto degno “. (Gioventù Italica, N. 12 dicembre 1937, pp. 11-12).

 

 
Durer - Gesù tra i dottori
 
Studenti in Ateneo