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Un frate in TV non si era mai visto

Quando Padre Mariano fu chiamato in Rai era il 1955. Un frate in tv non si era mai visto, ma la televisione era appena nata (1955) e tutto aveva inizio da poco.
Verrebbe da pensare chissà con quale ansia, timore e preoccupazione P. Mariano abbia intrapreso tale passo che lo avrebbe portato in tutte le case degli italiani. Ebbene fu un impatto senza dubbio positivo, poiché il frate, approdato sul piccolo schermo, mostrò algi addetti ai lavori e a coloro i quali organizzavano le prime sperimentazioni televisive, che fare tv per lui era cosa usuale, comune e a dir poco professionale.
Infatti ancor’oggi nel rivedere le sue celebri trasmissioni, si nota nel frate cappuccino una certa familiarità con il mezzo televisivo, non solo, ma davanti la macchina da presa risulta tutt’oggi un perfetto interprete dei tempi, del linguaggio e dei modi gestuali dei più famosi conduttori del tempo di ieri e di oggi.
Naturalmente per realizzare le trasmissioni televisive, Padre mariano aveva un regista, Piero Turchetti, il quale dava consigli com’è usanza di chi dirige, ma a sentire quanto racconta lo stesso Turchetti, era lo stesso Padre Mariano a dispensare suggerimenti, esortazioni e modalità di messa in onda. Già proprio quest’ultima era curata dallo stesso padre cappuccino, il quale fu proprio lui a decidere il titolo delle sue trasmissioni: “La posta di Padre Mariano”, “In famiglia” e “Chi è Gesù”. Vedere oggi una delle numerose puntate dà modo di comprendere effettivamente che, oltre a preparare i testi per leggerli e spiegarli in trasmissione, egli forniva molta cura nella preparazione di ogni puntata. Si andava dal posizionamento delle luci, alla scelta della scenografia sempre austera e semplice, mostrando sempre di essere un frate umile e mai un anchorman televisivo. La scelta di mettere come sfondo ai programmi televisivi l’immagine di Maria col bambino, dipinta, dal suo amico Padre Ugolino da Belluno, con stile molto povero, è la testimonianza di come P. Mariano amasse la povertà.
Durante tutta la settimana il frate preparava minuziosamente le sue trasmissioni, sceglieva le didascalie e le immagini migliori, che potevano essere subito percepite da tutti i telespettatori. Questo, dunque, potrebbe essere considerato un fatto moderno, giacché oggi, in ogni argomento televisivo, c’è sempre un uso didascalico dell’immagini relative all’argomento trattato. In studio il regista aveva il compito rispetto ai presentatori dell’epoca di usare vari piani di ripresa, preferendo il primo piano o il piano all’americana, questa decisione era presa in comune accordo con il padre cappuccino, il quale preferiva questo tipo di riprese affinché non si focalizzasse la sua attenzione su particolari del suo aspetto fisico, ma si concentrasse tutta l’attenzione sulle sue parole.
A volte la trasmissione iniziava con Padre Mariano che sedeva comodamente vicino ad un tavolo quasi a voler stabilire un momento di confidenza amichevole con lo spettatore. Questo modo di presentarsi fino a quel momento mai era stato sperimentato in tv da altri conduttori televisivi, che preferivano un’immagine fissa, mentre P. Mariano amava anche muoversi dentro lo studio. Lasciando ogni tanto lo schermo e proponendo anche immagini accompagnate, sempre da una buona musica da lui scelta per consentire uno stacco all’ascoltatore e dare modo di creargli riflessioni.
Il cappuccino preferiva sempre iniziare la trasmissione leggendo una lettera di un ascoltatore che chiedeva un chiarimento e da questo si sviluppava un argomento di alto contenuto spirituale, culturale e religioso.
Sembrerebbe facile organizzare una trasmissione come quella de “La posta di Padre Mariano”, ma se si calcola i tempi stretti in cui si dovevano affrontare temi difficilissimi e poi il pubblico non completamente istruito, l’impresa era quasi impossibile.
Solo un frate come Padre Mariano, che proveniva dalla vita della scuola nella quale aveva insegnato tanti anni, poteva riuscire in un impresa titanica e lunga nel tempo.
Cercare gli argomenti, metterli in un insieme di parole semplici, trovare le immagini che potessero aiutare a comprendere meglio gli argomenti che si affrontavano, stare davanti ad una macchina da presa e per giunta in diretta (solo così si andava in onda in quei primi anni, la differita non esisteva), posizionare le luci adeguate per la messa in scena, cambiare abito perché il marrone del saio in tv produceva un colore nero e quindi sostituirlo con uno grigio, truccarsi e relazionarsi con milioni di italiani, che lo guardavano tutte le settimane, produssero nel tempo: il successo, l’ammirazione, la voglia di parlargli e di scrivergli e soprattutto l’indimenticabile personaggio televisivo che ancora oggi è ricordato da tantissimi italiani ancora affezionati alle sue parole umili e semplici.
Ogni sua trasmissione si concludeva con la frase, divenuta ormai il suo slogan: “Pace e bene a tutti!”, ma il modo con cui lo diceva e il profondo sorriso con cui l’accompagnava e le mani sempre aperte, era tale da porgere un invito o meglio un incoraggiamento a tutti affinché potessero riflettere sull’argomento e nello stesso tempo invitava ad una prossima puntata.

Giorgio Razzano