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Il TEMPO




Il prof. Paolo Roasenda - il futuro Padre Mariano da Torino - scrisse molti articoli sui giornali giovanili dell'Azione Cattolica, quali Rivista dei Giovani, Il Giovane Piemonte,, Credere… Ecco alcuni suoi articoli che hanno come argomento il tempo. Gli articoli sono stati scritti in età diverse: il n. 1 a 25 anni, i nn. 2, 3, e 4 a 26, il n. 5 a 27 anni; i nn. 6, 7, 8 rispettivamente a 31, 32 e 34 anni. Si può notare come il "sentimento del tempo" è variamente vissuto e comunicato da giovane professore.

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1. Scorribanda sul tempo

Chiamalo, amico lettore, come meglio sai e quanto più variamente lo permetto­no le tue conoscenze linguistiche: chrónos, tempus, tempo, die Zeit, the time -: è tutt’uno, screziato o monotono, silente o saturo di vibrazioni sonore, è sempre quello, o meglio... non è più quello, poiché mentre le tue labbra gli han dato vita, te n'è sfuggita una particella sia pur minima: s'è staccata dal tuo orizzonte e, stella cadente nel cielo della tua vita, s'è tuffata nello scrigno dell’eternità.
Lo ami tu il tempo? Sotto quale luce lo consideri? Non osi rispondermi, o non sai.
Quanti - ne conoscerai anche tu - sono convinti d'essere, venuti al mondo e nel tempo, per ammazzare il tempo - terere tempus - mentre è proprio il tempo che ammazza loro e lor vanità che par persona! Per gente di taglio così grosso e me­schino, non resta che dar tempo al tempo, veder il tempo che fa, e andar dietro la moda del tempo, Eccoti i disoccupati volontari, i damerini, lo studente, universitario di lungo corso. Aggiungi una categoria d'individui, senza fissa dimora e professione - gli sportivi professionisti: gente che fa cattivo uso del tempo ed è, quella (oh con­traddizione!) che più tien conto dei tempi, - minimi e massimi. Di alcuni podisti s'è detto: «cronometri ambulanti», con la differenza sostanziale che il cronometro adempie esattamente le funzioni della sua natura - tener conto del tempo - mentre quelli non tengono conto del tempo che rubano a Dio e all’anima.

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Non mancano quelli che vivono sul tempo, come i meteoròlogi e gli ombrellai, con annessi, satelliti minori, i rivenditori di anelli di gomma (per tener ben chiusi gli ombrelli); quelli che vivono a tempo, come gli uomini provvidenziali per antonomasia, da san Paolo al beato don Bosco, tanto a tempo da capire la necessità dei tempi, da fecondarli con il calore del loro genio e le lacrime delle loro sofferenze, come sant'Agostino e santa Teresa del Bambino Gesù; quelli infine che vivono per il tempo e con il tempo: tutta l'immensa famiglia canora e sonora, dal cieco di strada al virtuoso tempista del conservatorio. Né c'è da stupirsi che questo personaggio - il tempo - giochi tanta parte sulla scena della vita umana e, spettro odiato o amico desiderato, s'avanzi inesorabilmente e vittoriosamente. Gesù, il verbo di Dio, prese carne nella pienezza dei tempi. Duemila anni son passati d'allora: e come Gesù aveva sconvolto la faccia delle cose - odiando l'odio e amando l'amore - così quel lungo volger d'anni venne ed è chiamato éra cristiana, tempo cristiano. Gli stessi luciferi, che forgiarono nei crogiuoli della superbia gli strali della ribellione al Cristo, hanno racchiusa la loro breve fatica da cifre - la nascita e la morte - che i civili accettano data dal Cristo, con il suo avvento. Uno dei massimi misteri della nostra religione - l'incarnazione - non è altro che l’entrata dell'Eterno nel tempo! L’abbiamo divi­so - miopi e limitati o non invece, divinamente obbligati - in tre momenti: passato. presente, futuro. Per questa relativissima divisione, s'affannano nelle scuole maestri e professori, questionando con i discepoli per ragione d'imperfetti e di aoristi for­ti: quanto tempo per studiar il tempo! Per spenderlo poi, come, nella vita?
Del passato ci parlano gli storici, i fotografi, i fonografi: il presente non riusciva­mo a vederlo bene in volto, oscillante com'è fra passato e futuro: il quale ultimo ci limitiamo a dire sia nelle mani di Dio, - e non son di lui anche i due fratelli che l'hanno preceduto? - ogni volta che ci sospinga il timore o la fede. Il tempo è sfinge per chi nega la provvidenza: è provvidenza per chi sa amarlo e prenderlo sul serio. Poiché seriamente va intesa e vissuta la semplicissima verità: ogni creatura nasce e muore nel tempo voluto dal Signore. Non so perché gioisco nel pensare che né elucu­brazioni filosofiche né scoperte scientifiche smuoveranno d'un pollice questa verità. Deus ludit in orbe terrarum.

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Come tessi la tua trama? Come passa il tempo, a te affidato da Dio? Se non vuoi perderlo, t'indicherò un cronometro ideale: sul quadrante dell'eternità s'aggira­no in armoniosa e ben concatenata vicenda i due indici, amor di Dio (batte l’ora) e amor del prossimo (segna i frustoli del tempo, i minuti). Finché dura la prova (il tempo), le due aste devono girare d'amore e d'accordo. Non dimenticare di dare a tempo opportuno la carica: la molla del sacrifizio è nascosta nella cassa dell'umiltà. Quando l'angelo del Signore dirà al tempo: Non esser più, le lancette si fermeranno, si fonderanno: quella è l'ora tua: che segni per te un carillon d'amore e di letizia! Penso però con raccapriccio a chi, folle di presunzione, stima sventura perdere un segnale orario alla radio e non avverte l'infinita vacuità dei suoi momenti, sfuggenti nel tedio e nell'inerzia soprannaturale: gente sorda e cieca e, quel che è peggio, pau­rosa dell'amore di Dio.

(Rivista dei Giovani, 8 - 15 agosto 1931 - pp. 475/477)







La clessidra (Cripta dei Cappuccini - Via Vittorio Veneto - Roma)


2. TRA CENT'ANNI


L’uomo, (lo studioso e il critico) si piega più volentieri indietro che in avanti. C'è chi dice: cent'anni fa si faceva così, viveva il tale, accadde questo, scoppiò quello: pochi che dicono e pensano: tra cent'anni nessuno o quasi di quanti oggi s'arrabbattano sarà più su questa terra. Come? possibile? sarà... cosí? Cosa vale affaticarsi tanto - dirà un Pinuccio all'adolescente fratello - se fra cent'anni non vivrà più nessuno dei lettori del Giovane Piemonte? A che vale litigare se... fra cent'anni saremo tutti... calmi? a che correre... se saremo tutti fermi? Breve cosa, in vero, la vita umana: fragil cosa un foglio come il «Giovane Piemonte»: eppure quanto bene può svolgere in quel periodo di tempo che la Provvidenza ha destinato!
Volete proprio sentirlo il segreto?
Chi di voi vuol esser «vivo» certamente, fra 100 anni? Tu, tu... tutti! State a o­recchi aperti: il segreto è di Pulcinella: se trascorrerete una vita santa, tra cent'anni sarete ancora vivi. In questo modo. Voi tutti che mi leggete o vi sposerete, o vi farete sacerdoti, o starete, nel mondo scapoli laici. Di qui non si scappa. Sposati o no, potre­te avere figli spirituali: le anime che avrete beneficato con il vostro esempio, con la vostra parola, con il vostro consiglio. Se padri di famiglia vivrete nel ricordo dei vostri figli, che avranno avuto in voi un modello impareggiabile di vita cristiana e ogni gior­no ispireranno le loro azioni (= vita) al vostro ricordo. Se sacerdoti, sarete, ricordati dal vostri confratelli più giovani che avran sentito dire del vostro zelo, dei vostri eroi­smi di apostolato e imiteranno del loro meglio, giorno per giorno, le vostre orme. Se laici santi, in mezzo alla corruzione del mondo, vivrete nell'ammirazione di quanti vi avran conosciuto e avran goduto del vostro esempio. Dunque... il segreto è nella perfezione: cercate di far meglio che potete, ogni vostra azione durerà cent’anno (e anche più). Chi vuol vivere a lungo deve vivere in Cristo ogni ora della sua vita terrena: acquisterà la vita eterna e vivrà, vivrà nel ricordo dei figli.

( Il Giovane Piemonte, N.8 - 20 febbraio 1932 - p. 1)







Orologio (Cripta dei Cappuccini - Via Vittorio Veneto - Roma)


3. LE ORE


Passano. Nessuna torna a noi. Di ognuna ci sarà chiesto, in un attimo, conto.
Di quanto non facemmo o male facemmo; risponderemo in un baleno. Intanto passano: né alcuna torna a noi. Perché, dunque, così pigri? perché così sonnolenti? Non basta non fare male: per un giovane cattolico c'è da far del bene.
Ogni ora segni una conquista: sul carattere, sulla volontà, nella carità. Ogni ora ci veda alacri, come se fosse la prima, soddisfatti come se fosse l'ultima, per il faticare. Ad ogni battere d'ora un pensiero a Gesù, re delle ore e di quante furono e di quante ancora saranno.
Le ore di veglia consacrate a Lui: le ore di sonno, godute in Sua pace e in Sua grazia.
Occhio al quadrante! Le lancette mai stan ferme: anche noi, dunque, sempre in moto. O con il corpo o lo spirito. Ozio sia il sonno: riposo il discernimento. Sia la nostra giornata la danza delle ore vissute in Dio, correndo in sereno gaudio verso l'adempimento della Sua volontà.
E' l'ora di contare le ore.

(Il Giovane Piemonte, N. 13 - 26 marzo 1932 - p. 1)







Rene Magritte - Illuminazione (1934)


4. I MODI


Indicativo

E' il modo della realtà: di quella vera, s'intende. Perché, vi è anche la realtà non vera. Cioè il male: Il male è un non essere, un non edificare. Il cattivo, il lontano da Dio, non può amare il modo indicativo, perché non è sicuro di nulla, di tutto dubita: è un atomo in equilibrio instabile. Ma quelli che il bene amano e praticano, quelli che s'accostano assai spesso al Datore d'ogni bene per attingere nella Comunione verace novelle forze, e luce, e ardore, quelli amano l'indicativo. Direi anzi che questi vivono l'indicativo e sono "Indici" dell'umana società. Infatti indicano la vera via. Praticano l'indicativo (luci giovani che rispondono "sì" "lo faccio" "obbedisco" all'Assistente Ecclesiastico). "Hai fatto la S. Comunione domenica, festa dell'Associazione?" "Sì, la faccio tutti i giorni". Modo indicativo. Quel giovane è diretto me lo indicano i suoi "modi" di agire alla santità.

Congiuntivo

Dipende da altro modo. Non può fare cosa da sé. Lo dice il nome stesso, che dev'essere congiunto o congiunge con altri. Tutto sta nel saper congiungere, nell'adattarsi a congiungere. C'è il congiuntivo esortativo: "La Presidenza federale invita caldamente tutti i nostri lettori affinché al più presto si prestino ... ". C'è quello dubitativo. C'è quello di Tremolino Dubbietti, socio del "La prudenza non è mai troppa". Socio a vita, perpetuo, e oltre. "Che debba fare questo? Che riesca a prepararmi alla gara catechistica? Che riesca a fare tutti i giorni una visita a Gesù Eucaristico? Ehm, dubito, dubito ... ". C'è quello potenziale. "Io potrei alzarmi cinque minuti prima per dire le mie orazioni... potrei dire la parola cristiana a un compagno di gita... potrei privarmi di qualche sigaretta per le Missioni... potrei amare di più mamma mia... potrei studiare molto, molto di più ... ". Che modo ricco il congiuntivo! Castelli in aria, sogni da svegli, desideri di deboli, gente che strabuzza gli occhi... E' un modo di sognare, non un modo per costruire. E' poi tanto scaltro, nella sua infingardaggine che si rifugia sotto le grandi ali del

Condizonale



Un paravento questo dei più antipatici. Il sotterfugio dei vili, vuole legittimarsi di forme grammaticali. La sintassi del periodo è fedelmente rispettata. "Sarei venuto alla Comunione, se non mi fossi svegliato tardi". "Avrei dato la mia offerta per le Missioni se avessi ancora avuto dei quattrini" (li ha spesi tutti al caffè - v. indicativo). Sarei più allegro... se avessi la pace di Dio nel cuore".
C'è modo e modo di vivere la vita. Ne conosco uno che li assomma tutti come in un simbolico paradigma: "Se io voglio (condizionale) e prego Gesù affinché mi atragga "congiuntivo", diverrò santo e gran santo (indicativo, indicativo = realtà).

(Il Giovane Piemonte, N. 29, 16 luglio 1932, p. 2)







Pablo Picasso - La vita (1903)




5. POI


Chi non s'è fermato, durante una ascensione alpina, d'un tratto, sul ciglio d'un precipizio? In quel momento si vede e si ha la sensazione fisica del "poi". È un monosillabo che ha fatto dei santi. Prenderò un diploma, mi sposerò, sarò allietato da figli e... poi?
Vincere un concorso è soddisfacente, di più lo è guadagnare una cartella della tombola, ma… poi?
Non c'è da ribattere: sono tre lettere, ma danno i sudori. Non viviamo per l'oggi ma tutti, anche l'incosciente, per il poi: e questo verrà, non dubitatene, con passo che non falla. Tendete l'orecchio: non lo sentite che è in marcia verso di voi? Siamo (chi lo nega?) protesi verso l'infinito e tutto sta nel ricordarcene sovente.
"Poi" dice tutto: dà la pausa delle sofferenze, dà la corona del martirio, dà la certezza della vittoria. Per chi viva con Gesù la sua giornata (che c'è di più dolce su questa povera terra, polvere e sole, ma sole che fa vedere la miseria della polvere?) l'amico più caro e il "poi": vuol dire per lui avvicinarsi alla mèta, un tendere le mani a Gesù che l'attende, un balenìo d'eterno, una sillaba dell'eterno.
Quando più urge la fatica, e lo scontento ti opprime, mormora, se non hai la forza per altro, almeno un "poi": ti rinfranchi il ricordo della brevità della prova, dell'inesorabile fuga delle occasioni per fare bene e per fare del bene. Che conta il pianto dell'oggi se il poi rasciugherà tutti gli occhi, spianerà tutte le rughe dei veterani di Cristo?

(Il Giovane Piemonte, N. 8, 19 febbraio 1933, p. 1)







Salvator Dalì - La memoria


6. A.C. ? d.C.


Oggi sono di moda le sigle e le abbreviazioni. Si teme di perdere tempo nello scrivere e nel pronunziare per disteso i nomi. Se andiamo avanti così, scriveremo anche gli articoli per Credere, semplicemente così: p.r. af. tz. Ir.

La coppia di sigle che vedete qui sopra è però sacra: avanti Cristo, dopo Cristo. Quante volte l'avete letta nei manuali scolastici: quante l'avete pronunziata! Segno è che Cristo ha fondamentale importanza per la storia dell'uomo se ? sia pure con una sigla abbreviata ? non si può fare a meno del Suo Nome. Prima di Lui (con tutto il poco bene e il molto male, ma sopratutto con un'ansia crescente della sua venuta, inconscia ansia, presso tutti i popoli); dopo di Lui (con la nascita e lo sviluppo meraviglioso della Sua Chiesa e la sua propagazione nel mondo: questa è l'idea centrale della storia per noi cristiani).

Questo per altro si voleva dire: una preghiera. Quando pronunciate quell'avanti Cristo e quel dopo Cristo, date - senza pose o esagerazioni, s'intende - ma date alla vostra voce un po' di dolcezza. Pronunziate con rispetto, con riconoscenza, con amore quel nome tre volte santo.

(Credere, 35 ? 10 ottobre 1937 ? p. 2)







Salvator Dalì - persistenza della memoria (1931)


7. PENSIERINI


Time is money

Perché non lo ricordo sempre? Io faccio uno spreco vergognoso del tesoro che ho, dall'attimo in cui nacqui: il tempo.
Alla mia età Germana Hémery era già un serafino di amore dell'Eucaristia. Guy de Fontgalland sapeva da un pezzo come sacrificarsi a dire sempre di sì a Gesù; Gustavo Maria Bruni ardeva di amore per l'Ostia benedetta e consacrata.
Eppure del tempo il Signore me ne ha dato: e mi ha dato una vocazione dell'apostolato nell'Azione Cattolica. Ma io non ho ancora fatto mie le parole di Enrico de Roure: "Vi sono delle vocazioni laiche che richiedono sotto forme assai diverse, un dono totale di sé, come la vocazione religiosa".
Quanti come me giovani sono già stati chiamati al premio del loro santo operare. Non perdettero tempo Pasqualino Pirro, Giacomo Maffei, Guido Acquadro, ma fecero davvero moneta preziosa del loro tempo, per comperare anime e il paradiso.
Quando mi convincerò davvero che la vita è breve, preziosissima appunto perché breve e perché si vive una volta sola?
E dire che questo pensiero metteva le ali agli eroismi di Santa Teresa del Bambino Gesù.
Perché non dovrebbe mettere un po' di fuoco a me, tanto più imperfetto, tanto lontano ancora dalla santità?
Guarda Margherita Sinclair, che ruppe un fidanzamento per fidanzarsi allo Sposo Celeste; Maddalena Sémer che passò dall'incredulità, dal divorzio, alle cime luminose della perfezione; Mattia Talbot che da ubriacone diventa amante dei cilici e delle orazioni prolungate... tutte anime che sono state "folgorate" un giorno dal pensiero: il tempo è denaro.
Bisogna farlo fruttare, più che possiamo, più rapidamente che possiamo, perché chi è sicuro di essere vivo domani?
La morte, ripete l'Evangelo, anche per chi la medita e l'attende, giunge sempre inaspettata e di sorpresa, come un ladro di notte.







Mattia Talbot


Sensibilità dei puri

Purezza è base d'apostolato per più di una ragione.
Se puri, può ben abitare in noi il Giglio delle convalli che opera Lui, Lui solo e davvero, l'apostolato.
Se puri, vediamo Dio, secondo la promessa del Cristo, e lo sentiamo nelle vicende comuni della nostra esistenza: Lo vediamo in primo luogo nelle anime che avviciniamo. E di queste anime, se puri, conosciamo subito, con un intuito meraviglioso, per chi non conosce i prodigi del soprannaturale, i bisogni, le necessità intime, i travagli che non sempre è possibile, o convenientemente dire pubblicamente.
Quale vantaggio questo, di poter con percezione rapida e penetrante mettere in luce i punti deboli dell'anima che dobbiamo avvicinare a Dio! Quale conquistatore militare non desidera e non cerca d'assicurarsi con tutti i mezzi la conoscenza esatta delle vere condizioni del nemico?
La sensibilità che hanno i puri viene tutta da Dio, abitante nel loro cuore, operante nelle loro facoltà, trionfante nel loro piccolo io.

Quanto più mi sforzo di esser puro, tanto più mi sento vicino a Dio - ha detto Gandhi. Noi, cristiani, ne siamo sempre praticamente convinti?

( Credere, N. 25 - 3 luglio 1938 - p. 1)




Gandhi





8. ORE LIBERE


I biografi di Plauto, il celebre autore comico latino, riferiscono che questi, dopo parecchi rovesci di fortuna nel commercio, fu costretto a prestare l'opera sua ad un mugnaio che gli faceva - more asini - girare la mola. Per altro non si perdette d'animo il lepidissimo Plauto, e nelle ore libere, nel ritagli anzi di tempo (horis subsecivis) si mise a scrivere commedie. Poco per volta acquistò fama e divenne Plauto. E noi, cristiani, che facciamo? Quante ore libere, quanti tagli e ritagli non potremmo, volendo, rubare al perditempo, alla pigrizia, alla noia! Abbiamo mai fatto, la sera, un po' di conto delle ore - non dico dei minuti - non bene spese nella giornata?
Badate che "bene spese" non esclude la risata, il passatempo, il divertimento: purché tutto ciò sia incardinato al grande principio: che tutto si diparta da un cuore in grazia di Dio, e che cerca altri cuori a cui far sentire la gioia di tale grazia.
Allora anche i frustoli di tempo, che rubiamo al sonno (troppo prolungato), alle chiacchiere (troppo prolungate), alle fantasticherie (troppo prolungate) diventano preziosi strumenti di santificazione.
E' detto nella Scrittura che Dio fece tutto in "peso e misura". Chi di noi pesa le sue occupazioni? Chi misura il tempo? E sì che vogliamo essere, con san Paolo, imitatores Dei.

(Credere, N. 17 - 12 maggio 1940 - p. 1)





Cronos


Paolo Roasenda

(a cura di Rinaldo Cordovani)