Amore e matrimonio
Presento alcune risposte di Padre Mariano da Torino sull’amore e sul matrimonio. I problemi di ora sono di più e diversi da allora, almeno nell’impostazione. In base a queste risposte, si può immaginare cosa avrebbe scritto Padre Mariano ad una domanda sui “DICO” o coppie di fatto.
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1. Il matrimonio
«Il matrimonio - ho inteso dire - si basa oggi sul ' sentimento ' e non può quindi durare oltre quel "sentimento". E' esatto? »
(G. Z. - Bagni di Tivoli).
Il matrimonio (che non è il libero amore, basato esclusivamente sul « sentimento» e può quindi terminare col tramontare di quel « sentimento ») è un fatto naturale, che però non esiste nel mondo delle piante e degli animali - dove c'è solo l'accoppiamento - ma esiste esclusivamente nel mondo umano. Con esso si uniscono, infatti, non già due piante o due animali, ma due persone umane, un uomo e una donna. ( E qui vorrei dire che è augurabile che almeno durante la cerimonia nuziale, i due vestano lei da donna e lui da uomo: questo per evitare la domanda di chi, vedendo due sposi entrambi in pantaloni si chiedeva: "Qual'è la sposa?" e si sentì rispondere « mah! deve essere quello che ha in mano quel mazzolin di fiori! »). Due persone dunque che, con libero atto della loro volontà (non dunque per « sentimento»), si fanno dono reciproco, non già di qualche bene esterno alle loro persone (come può essere una villa al mare o una fuori serie), ma della loro stessa persona. E perché questo? Perché vogliono non vivere in libero amore, ma contrarre un vincolo nuovo inconfondibile, irreversibile, il più intimo che possa contrarsi tra uomo e donna nella vita terrena, cioè il vincolo coniugale, che li rende marito e moglie. Sono due « io » che conservano sempre la loro identità personale, ma che vogliono (sempre « volontà », non sentimento!) fondersi in una unità nuova, totale, fisico-spirituale: l'unità di due « io » che diventano un « noi ». Hanno deciso fermamente - con un atto di volontà, non per sentimento o sentimentalismo - di mettere la loro vita in comune e di vivere insieme. Questo è il matrimonio, per sua natura. Altra cosa è, ripeto, il libero amore che si basa effettivamente sul sentimento e non su un « impegno » della volontà, e può quindi sciogliersi come nube al vento di qualche nuovo... « sentimento ». Ma non si deve barare in questo campo: si devono chiamare le cose col loro vero nome: o matrimonio o libero amore.
(Radiocorriere TV, 1969, n.10, p. 4).
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2. Il libero amore
« Che differenza c’è tra matrimonio e libero amore? »
(N. S. - Frascati).
C’è differenza fondamentale di natura. Quando due - lui e lei - contraggono matrimonio, automaticamente, con quell’atto compiuto di comune accordo, danno vita a una comunità nuova che si chiama famiglia e che, anche quando sia e rimanga senza figli, è una cellula nuova, stabile per sua natura, della grande famiglia umana, che è la società e che si organizza nello Stato. Ecco perché, anche quando non sia religioso, ma solo « civile », qualunque Stato esige che il matrimonio si faccia con una certa pubblicità, alla presenza di un’autorità civile e di testimoni - che rappresentano la società tutta - secondo certe norme e modalità fissate dalla legge civile, che inseriscono i coniugi e gli eventuali figli nel tessuto legittimo dello Stato. Ma per quello che concerne la natura del matrimonio (la sua intrinseca natura ed essenza), il matrimonio - pur essendo un semplice atto naturale (atto dì volontà dei contraenti) - è superiore, perché anteriore, ad ogni legge o disposizione civile, ad ogni società, ad ogni Stato (la famiglia è anteriore allo Stato) e nessuna legge civile ne può toccare o mutare la natura e struttura. Come, ad esempio, la natura dell’acqua è quella che è (idrogeno e ossigeno) e nessuno può mutarla senza snaturarla, così è della natura del matrimonio, che è quella che è, e nessuno ha l’autorità di snaturarla. Il matrimonio significa - per consenso universale e per volontà esplicita degli sposi - « uno con una per tutta la vita: un uomo solo, con una donna sola, finché vivono ». Unità e indissolubilità, vale a dire fedeltà ed esclusività: questa è la natura del matrimonio. (Non è quindi una convenzione sociale o una novità imposta dalla rivelazione giudaico-cristiana l’unità e l’indissolubilità del matrimonio, ma ne è la stessa natura, come natura dell’acqua è, indiscutibilmente, idrogeno e ossigeno. Sulla natura delle cose non si può discutere né legiferare: si accetta così com’è).
Del tutto diversa è la natura del libero amore. Nessun patto, nessun impegno di « uno con una per sempre »: ma solo « uno con una, finché ci farà comodo ». Quando non ci andrà più, riprenderemo ognuno la nostra strada. E’ chiaro che a questo « patto » non è necessario sia presente lo Stato, che vede anzi, giustamente, nel libero amore una minaccia perenne alla sua stabilità, L’amore non vincolante e non vincolato che garanzie dà di stabilità?
(Radiocorriere TV, 1969, n. 18, p. 4).
3. Preti sposati?
« Si sente ripetere in giro che i preti dovrebbero prendere moglie per capire meglio i problemi della vita matrimoniale e così consigliare meglio i coniugi cristiani. Che ne pensa? »
(U. R. - Poggio Mirteto).
Oggi è di moda dire che per « capire » i problemi umani è indispensabile viverci dentro. Così per i sani come per i malati. Andando avanti con questi ragionamenti, si finirà per concludere che un medico che studia il cancro non lo « capisce » se non lo prende anche lui. Sciocchezze! Che un malato di cancro « senta » il dolore, lo strazio di tale morbo cento volte di più del medico che lo cura o lo studia, nessun dubbio. E’ dubbio invece che, per curare, o studiare il cancro e parlarne con competenza, e consigliarne (nei limiti che oggi purtroppo la scienza medica trova ancora contro tale malattia) una cura, il medico debba necessariamente essere anche lui canceroso! Così per il sacerdote. Per conoscere gli operai dovrebbe fare l’operaio; per conoscere gli sportivi dovrebbe correre in bicicletta e dare calci al pallone; per conoscere i problemi di vita matrimoniale - che capisce poi meglio di molti sposati, grazie alla conoscenza dell’animo umano che gli offre la confessione - dovrebbe prendere moglie. Ragionando così soltanto i poeti potrebbero parlare di poesia, i pittori di pittura, i musicisti di musica; mentre ci sono ottimi critici di poesia, di pittura, di musica che non sono né musicisti, né pittori, né poeti. Basta avere la « stoffa » per capire, allora si possono capire mille problemi che pure non si «vivono»: e la stoffa è pazienza nell’ascoltare, umiltà nel consigliare e molta, molta carità, senza dimenticare che il sacerdote, specie in confessione, ha anche una luce speciale di Dio che gli viene data come grazia di stato, e cioè del suo stato sacerdotale.
(Radiocorriere TV n. 41 1969, p. 22).
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(a cura di Rinaldo Cordovani)
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